Questo racconto è la decima novella della sesta giornata del «Decameron», raccolta di cento novelle scritte da Giovanni Boccaccio fra il 1350 e il 1353

 

Riassunto

Frate Cipolla, del convento di Sant’Antonio, la prima domenica di agosto di ogni anno, si reca a Certaldo per raccogliere le offerte. È un uomo piccolo, con i capelli rossi, conosciuto e benvoluto da tutti gli abitanti della contrada. Nonostante non abbia una grande cultura, ha una parlantina degna di Cicerone.

Come d’abitudine, arriva di mattina, quando tutti i parrocchiani sono in chiesa, invitando i devoti a presentarsi nel pomeriggio sul sagrato della chiesa con le loro offerte a Sant’Antonio. Annuncia inoltre che, per la speciale occasione, avrebbe mostrato loro una santissima reliquia: una penna delle ali dell’Angelo Gabriele.

Due giovani molto astuti, di nome Giovanni del Bragoniera e Biagio Pizzini, anche se amici del frate, decidono di organizzare una beffa a suo danno.

Il piano è quello di recarsi presso l’albergo dove il frate alloggia e, approfittando della sua assenza, mentre Biagio distrae il servitore di frate Cipolla, Giovanni dovrà cercare la famosa penna e sottrargliela, per poi vedere cosa il frate avrebbe fatto di fronte ai fedeli.

Frate Cipolla ha un servitore che si chiama Guccio, piuttosto svampito e poco affidabile, al quale il frate ha affidato il compito di sorvegliare la sua stanza, prima di lasciare l’albergo. Ma Guccio si lascia distrarre da una serva di nome Nuta, che raggiunge in cucina e tenta di sedurre raccontando di essere un gran signore.

I due giovani, vedendo Guccio occupato a corteggiare Nuta, vanno direttamente nella camera del frate. In una cassettina trovano una penna, probabilmente di una coda di pappagallo, la prendono e riempiono la cassetta con dei carboni che hanno trovato in un angolo della camera.

Frate Cipolla, al suo ritorno non si accorge della sostituzione, per cui si presenta al raduno davanti alla chiesa ignaro dello scherzo. Qui fa una predica e poi con grande solennità fa accendere due grosse candele e apre la cassetta.

Quando si accorge dei carboni, come se nulla fosse, si rivolge al popolo e su due piedi inventa una storia completamente strampalata. Racconta di aver viaggiato a lungo per terre lontane, nominando paesi inesistenti o con nomi di quartieri e strade di Firenze. Parla di cose viste con i suoi occhi che a raccontare non ci si può credere, come di paesi in cui le acque scorrono all’ingiù o di popoli che fanno le salsicce con le loro stesse budella. E poi elenca una lunga lista di assurde reliquie che ha potuto vedere in questo suo girovagare per il mondo, come il dito dello Spirito Santo, i vestiti della Fede Cattolica, o i denti della Santa Croce.

Ma in particolare menziona due preziosissime reliquie: la penna dell’Angelo, della quale ha già parlato prima, e i carboni con cui è stato arrostito San Lorenzo. Egli conserva queste due reliquie in due cassette molto simili, e gli capita spesso di sbagliarsi. Per cui ha portato la cassetta con i carboni, ma afferma anche di essere sicuro che non si tratti di un errore, ma della precisa volontà di Dio, poiché mancano solo due giorni alla festa di San Lorenzo.

Perciò invita i fedeli a farsi avanti per poter vedere i carboni con i quali San Lorenzo è stato fatto arrosto, e promette che a chiunque verrà tracciato il segno della croce con uno di questi carboni, potrà essere sicuro che per tutto l’anno non potrà essere bruciato dal fuoco senza che se ne accorga.

Detto questo, apre la cassetta, mentre la folla credulona e meravigliata si accalca tutta intorno, donando più offerte del solito. Frate Cipolla inizia a disegnare con il carbone tante croci sui vestiti dei fedeli, dicendo di non temere che questi possano finire, poiché, come ha già constatato molte volte, più i carboni si consumano, più ne crescono in cassetta.

Quando la folla si disperde, i due giovinastri, che nel frattempo si sono sganasciati dalle risate, vanno incontro a frate Cipolla, gli fanno una grande festa per l’abilità dimostrata e gli restituiscono la penna, che l’anno successivo il frate utilizza con lo stesso profitto che gli hanno procurato i carboni.

 

 


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